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spesse diete per concitare gli elettori e gli altri príncipi tedeschi a risentirsi con l’armi di tanta ingiuria, fatta non meno alla nazione germanica, della quale era propria la degnitá imperiale, che a sé: anzi dimostrava il pericolo che il re di Francia, presumendo ogni dí piú per tanta pazienza de’ príncipi dello imperio, e insuperbito per tanto favore della fortuna, non indirizzasse l’animo a procurare con qualche modo indiretto che la corona imperiale ritornasse, come altre volte era stata, ne’ re di Francia; alla qualcosa arebbe il consentimento del pontefice, parte per necessitá, non potendo resistere alla potenza sua, parte per la cupiditá che aveva della grandezza del figliuolo.

Le quali cose furono cagione che il re, incerto che fine avessino ad avere queste pratiche, differisse ad altro tempo i pensieri della guerra di Napoli: e perciò, non essendo occupate ad altra impresa le genti sue, fu contento, benché non senza molta difficoltá e dubitazione, di concedere le genti dimandate da’ fiorentini per la recuperazione di Pisa e di Pietrasanta, perché in contrario faceano instanza grande i pisani, e insieme con loro i genovesi i sanesi e i lucchesi, offerendo pagare al re al presente centomila ducati in caso che Pisa Pietrasanta e Montepulciano rimanessino libere dalle molestie de’ fiorentini, e aggiugnerne cinquantamila in perpetuo ciascuno anno se per l’autoritá sua conseguivano i pisani le fortezze del porto di Livorno e tutto il contado di Pisa. Alle quali cose pareva che, per la cupiditá de’ danari, fusse inclinato non poco l’animo del re; nondimeno, come era solito di fare nelle cose gravi, rimesse al cardinale di Roano, che era a Milano, questa deliberazione: appresso al quale, oltre a’ sopradetti, intercedevano per i pisani Gianiacopo da Triulzi e Gianluigi dal Fiesco, desideroso ciascuno di farsi signore di Pisa, offerendo di pagare al re, perché lo permettesse, non piccola somma di danari, e dimostrando appartenere alla sicurtá sua tenere deboli, quando n’avea l’occasione, i fiorentini e gli altri potentati d’Italia. Ma nel cardinale potette piú il rispetto della fede del re e i meriti freschi de’ fiorentini, i quali aveano aiutato il re prontamente nella recuperazione del