Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/65


libro quinto ‐ cap. xi 59

vando gli altri in prigione, fece strangolare in una camera Vitellozzo e Liverotto: de’ quali l’uno non aveva potuto fuggire il fato di casa sua, di morire di morte violenta, come erano morti tutti gli altri suoi fratelli, in tempo che avevano giá nell’armi grande esperienza e riputazione, e successivamente l’uno dopo l’altro, secondo l’ordine della etá, Giovanni di uno colpo di artiglieria nel campo che Innocenzio pontefice mandò contro alla cittá di Osimo, Cammillo soldato de’ franzesi di uno sasso intorno a Cercelle, e Pagolo decapitato in Firenze; ma di Liverotto non potette negare alcuno che non avesse fine condegno delle sceleratezze sue, essendo molto giusto che e’ morisse per tradimento chi poco innanzi aveva per tradimento ammazzato crudelissimamente in Fermo, per farsi grande in quella cittá, Giovanni Frangiani suo zio con molti altri de’ cittadini principali di quella terra, avendogli nella casa sua propria condotti a uno convito.

Non accadde in questo anno altra cosa memorabile, eccetto che Lodovico e Federico della famiglia de’ Pichi conti della Mirandola, essendo stati prima cacciati da Giovanfrancesco loro fratello, e pretendendo avervi, con tutto che fusse maggiore di etá, le medesime ragioni che lui, ottenute genti in aiuto loro dal duca di Ferrara, di una sorella naturale del quale erano nati, e da Gianiacopo da Triulzi suocero di Lodovico ne cacciorono per forza il fratello: cosa non tanto degna di memoria per se stessa quanto perché poi, negli anni seguenti, le controversie tra questi fratelli produssono effetti di qualche momento.