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libro quinto ‐ cap. ix 43

propri, si astenessino da dargli aiuto. Anzi, per mitigare piú l’animo del re, aveva Valentino mandato a minacciare Vitellozzo che se non abbandonava subito Arezzo e l’altre terre de’ fiorentini gli andrebbe contro con le sue genti. Per le quali cose spaventato Vitellozzo, e temendo che, come accade quasi sempre, riconciliatisi tra loro i piú potenti, lo sdegno del re non si volgesse contro a sé, manco potente, chiamato in Arezzo il capitano Imbalt, invano contradicendo i fiorentini i quali volevano che le terre perdute fussino restituite loro subito liberamente, convenne: che Vitellozzo, partendosi incontinente con le sue genti, consegnasse Arezzo e tutte l’altre terre a’ capitani franzesi per tenerle in nome del re, insino a tanto che il cardinale Orsino che andava al re avesse parlato con lui; e che in questo mezzo non entrasse in Arezzo altra gente che uno de’ capitani franzesi con quaranta cavalli, per sicurtá del quale, e non meno della osservanza delle promesse, Vitellozzo desse a Imbalt due suoi nipoti per statichi. Ma fatto l’accordo se ne andò subito con tutte le genti e artiglierie che erano in Arezzo, lasciando libera a’ franzesi la possessione di tutte le terre; le quali per commissione del re furono subito restituite a’ fiorentini, verificandosi quel che, mentre si trattava la concordia, aveva, non senza derisione, alle querele loro risposto Imbalt: non sapere dove si consistesse lo ingegno tanto celebrato de’ fiorentini, che non conoscessino che, per assicurarsi subito della vittoria senza difficoltá e senza spesa, e per fuggire il pericolo de’ disordini i quali per la natura de’ franzesi potrebbono nascere per mancamento delle vettovaglie o per altre cagioni, aveano da desiderare che Arezzo in qualunque modo venisse in mano del re; il quale non sarebbe obligato a attendere piú che gli paresse le promesse fatte da’ suoi capitani a Vitellozzo.

E cosí, essendo liberati con facilitá grande, benché con non piccola spesa, da sí grave e improviso assalto, dirizzorono l’animo a riordinare il governo della republica, per la confusione e per i disordini del quale essere nato tanto pericolo era per l’esperienza manifesto giá insino alla moltitudine;