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libro ottavo ‐ cap. xii 315

dogli speranza che la risposta sarebbe conforme al suo desiderio. Da questo parlamento Massimiliano, lasciato a guardia di Verona il marchese di Brandiborgh, andò alla Chiusa. E poco dipoi la Palissa, il quale era rimasto con cinquecento lancie nel veronese, allegando difficoltá degli alloggiamenti e molte incomoditá, ottenuta quasi per importunitá licenza da lui, si ritirò ne’ confini del ducato di Milano; perché la intenzione del re era che avendo a stare le sue genti oziosamente alle guarnigioni stessino nello stato suo, ma che tornassino a servire Massimiliano per fare qualunque impresa gli piacesse, e specialmente quella di Lignago: la quale, desiderata e sollecitata sommamente da lui, si differí per le sue solite difficoltá tanto che essendo sopravenute per la stagione del tempo le pioggie grandi non si poteva piú campeggiare in quello paese, che per la bassezza sua è molto soprafatto dalle acque. Però Cesare, ridotto in queste difficoltá, desiderò di fare per qualche mese tregua co’ viniziani: ma essi, pigliando animo da i suoi disordini e vedendolo aiutato cosí freddamente da’ collegati, non giudicorno essere a loro proposito il sospendere l’armi.


XII

Dissenso fra il pontefice e il re di Francia. Cause di dissenso fra tutti i collegati per la benevolenza del pontefice verso i veneziani. Discussioni fra il pontefice e gli ambasciatori veneziani.

Ritornossene alla fine Cesare a Trento, lasciate in pericolo grave le cose sue, e lo stato di Italia in non piccola sospensione, perché era nata tra ’l pontefice e il re di Francia nuova contenzione, il principio della quale benché paresse procedere da cagioni leggiere si dubitava non avesse occultamente piú importanti cagioni. Quel che allora si dimostrava era che essendo vacato uno vescovado di Provenza, per la morte del vescovo suo nella corte di Roma, il papa l’aveva conferito contro alla volontá del re di Francia; il quale pre-