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libro ottavo ‐ cap. vii 285

plebe affezionata allo imperio viniziano, e facendosene capo uno Marco calzolaio, il quale con concorso e grida immoderate della moltitudine portò in su la piazza principale la bandiera de’ viniziani, cominciorono a chiamare unitamente il nome di san Marco, affermando non volere riconoscere né altro imperio né altro signore: la quale inclinazione aiutò non poco uno oratore del re d’Ungheria, che andando a Vinegia e passando per Trevisi, scontratosi a caso in questo tumulto, confortò il popolo a non si ribellare. Però cacciato il Dressina, e messo nella cittá settecento fanti de’ viniziani e poco dipoi tutto l’esercito che, augumentato di fanti venuti di Schiavonia e di quegli che erano ritornati di Romagna, disegnava fare uno alloggiamento forte tra Marghera e Mestri, entrò in Trevisi; dove atteseno con somma diligenza a fortificarlo, e facendo correre i cavalli per tutto il paese vicino e mettere dentro piú vettovaglie potevano, cosí per bisogno di quella cittá come per uso della cittá di Vinegia; nella quale da ogni parte accumulavano grandissima copia di vettovaglie.

Cagione principale di questo accidente e di rendere speranza a’ viniziani di potere ritenere qualche parte del loro imperio, e di molti gravissimi casi che seguitorono poi, fu la negligenza e il disordinato governo di Cesare; del quale non si era insino a quel dí udito, in tanto corso di vittoria, altro che il nome: con tutto che per il timore dell’armi de’ franzesi se gli fussino arrendute tante terre, le quali gli sarebbe stato facilissimo a conservare. Ma era, dopo la confederazione fatta a Cambrai, soprastato qualche dí in Fiandra, per avere spontaneamente danari da’ popoli per sussidio della guerra, i quali non prima avuti che, secondo la sua consuetudine, gli spese inutilmente; e ancora che, partito da Molins armato e con tutta la pompa e ceremonie imperiali, e accostatosi a Italia, publicasse di volere rompere la guerra innanzi al termine statuitogli nella capitolazione, nondimeno oppressato dalle sue solite difficoltá e confusioni non si faceva piú innanzi: non bastando gli stimoli del pontefice che, per il terrore che aveva delle armi franzesi, lo sollecitava continua-