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per l’Asia, e risonando facesse festa negli ultimi termini del mondo, questa, per una sola battaglia avversa e ancora leggiera, privata della chiarezza delle cose fatte, spogliata delle ricchezze, lacerata conculcata e rovinata, bisognosa di ogni cosa, massime di consiglio, è in modo caduta che sia invecchiata la imagine di tutta l’antica virtú, e raffreddato tutto il fervore della guerra. Ma ingannansi, senza dubbio ingannansi i franzesi, se attribuiscono queste cose alla virtú loro; conciossiaché per il passato, travagliati da maggiore incomoditá, percossi e consumati da grandissimi danni e ruine, non rimessono mai l’animo, e allora potissimamente quando con grande pericolo facevano guerra molti anni col crudelissimo tiranno de’ turchi; anzi sempre di vinti diventorono vincitori. Il medesimo arebbono sperato che fusse stato al presente se, udito il nome terribile della Maestá tua, udita la vivace e invitta virtú delle tue genti, non fussino in modo caduti gli animi di tutti che non ci sia rimasta speranza alcuna non dico di vincere ma né di resistere. Però, gittate in terra l’armi, abbiamo riposta la speranza nella clemenza inenarrabile o piú tosto divina pietá della Maestá tua, la quale non diffidiamo dovere trovare alle cose nostre perdute. Adunque, supplicando in nome del principe, del senato e del popolo viniziano, con umile divozione ti preghiamo oriamo scongiuriamo: degnisi tua Maestá riguardare con gli occhi della misericordia le cose nostre afflitte, e medicarle con salutifero rimedio. Abbraccieremo tutte le condizioni della pace che tu ci darai, tutte le giudicheremo eque oneste conformi alla equitá e alla ragione. Ma forse noi siamo degni che da noi medesimi ci tassiamo. Tornino con nostro consenso a te, vero e legittimo signore, tutte le cose che i nostri maggiori tolsono al sacro imperio e al ducato di Austria. Alle quali cose, perché venghino piú convenientemente, aggiugniamo tutto quello che possediamo in terra ferma; alle ragioni delle quali, in qualunque modo siano acquistate, rinunciamo. Pagheremo oltre a questo, ogni anno, alla Maestá tua e a’ successori legittimi dello imperio, in perpetuo, ducati cinquantamila; ubbidiremo volentieri a’