Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/279


libro ottavo ‐ cap. v 273

pate le porte della cittá, opponendosi apertamente a Giorgio Cornaro, il quale andato quivi con grandissima celeritá voleva mettervi gente; e dipoi accostatosi alla cittá l’esercito diminuito assai di numero, non tanto per il danno ricevuto nel fatto d’arme quanto perché, come accade ne’ casi simili, molti volontariamente se ne partivano, disprezzorono l’autoritá e i prieghi di Andrea Gritti, che entrò in Brescia a persuadergli che gli accettassino per loro difesa. Però l’esercito, non si riputando sicuro in quel luogo, andò verso Peschiera; e la cittá di Brescia, facendosene autori i Gambereschi, si arrendé al re di Francia; e il medesimo fece due dí poi la fortezza, con patto che fussino salvi tutti quegli che vi erano dentro, eccetto i gentiluomini viniziani.


V

Dolore e spavento a Venezia dopo la disfatta e provvedimenti del governo. Nuove conquiste del re di Francia. Il pontefice acquista le terre di Romagna. Altre terre perdute da’ veneziani.

Ma come a Vinegia pervenne la nuova di tanta calamitá non si potrebbe immaginare non che scrivere quanto fusse il dolore e lo spavento universale, e quanto divenissino confusi e attoniti gli animi di tutti, insoliti a sentire avversitá tali anzi assuefatti a riportare quasi sempre vittoria in tutte le guerre, e presentandosegli innanzi agli occhi la perdita dello imperio e il pericolo della ultima ruina della loro patria, in luogo di tanta gloria e grandezza con la quale da pochi mesi indietro si proponevano nell’animo l’imperio di tutta Italia. Però da ogni parte della cittá si concorreva con grandissimi gridi e miserabili lamenti al palagio publico: nel quale consultandosi per i senatori quello che in tanto caso fusse da fare, rimaneva dopo lunga consulta soprafatto il consiglio dalla disperazione, tanto deboli e incerti erano i rimedi, tanto minime e quasi nulle le speranze della salute; considerando non avere