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libro ottavo ‐ cap. iii 261

uomini, molti casi o fatali o fortuiti. Percosse una saetta la fortezza di Brescia, una barca mandata dal senato a portare danari a Ravenna si sommerse con diecimila ducati nel mare, l’archivio pieno di scritture attenenti alla republica andò totalmente in terra con subita rovina; ma gli empié di grandissimo terrore che in quegli dí, e nell’ora medesima che era congregato il consiglio maggiore, appiccatosi, o per caso o per fraude occulta di qualcuno, il fuoco nel loro arzanale, nella stanza dove si teneva il salnitro, con tutto vi concorresse numero infinito d’uomini a estinguerlo, aiutato dalla forza del vento e dalla materia atta a pascerlo e ampliarlo, abbruciò dodici corpi di galee sottili e quantitá grandissima di munizioni. Alle difficoltá loro si aggiunse che avendo soldato Giulio e Renzo Orsini e Troilo Savello, con cinquecento uomini d’arme e tremila fanti, il pontefice con asprissimi comandamenti, fatti come a feudatari e sudditi della Chiesa, gli costrinse a non si partire di terra di Roma, invitandogli a ritenersi quindicimila ducati ricevuti per lo stipendio, con promettere di compensargli in quello che i viniziani, per i frutti avuti delle terre di Romagna, alla sedia apostolica doveano. Volgevansi le preparazioni del senato principalmente verso i confini del re di Francia, dall’armi del quale aspettavano l’assalto piú presto e piú potente: perché dal re d’Aragona, con tutto che avesse agli altri confederati promesso molto, si spargevano dimostrazioni e romori, secondo la sua consuetudine, ma non si facevano apparati di molto momento; e Cesare, occupato in Fiandra perché i popoli sottoposti al nipote lo sovvenissino volontariamente di danari, non si credeva dovesse cominciare la guerra al tempo promesso; e il pontefice pensavano che, sperando piú nella vittoria degli altri che nell’armi proprie, avesse a regolarsi secondo i progressi de’ collegati.

Non si dubitava che ’l primo assalto del re di Francia avesse a essere nella Ghiaradadda, passando il fiume dell’Adda appresso a Casciano però si raccoglieva a Pontevico, in sul fiume dell’Oglio, l’esercito veneto, del quale era capitano