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libro settimo ‐ cap. xii 235

allegando non volere servire contro a Cesare in altro che nella difesa dello stato di Milano.

Maggiore movimento, ma con evento piú infelice e destinato a dare principio a cose molto maggiori, fu suscitato nel Friuli, dove per ordine di Cesare passorono per la via de’ monti quattrocento cavalli e cinquemila fanti, gente tutta comandata del contado suo di Tiruolo; i quali entrati nella valle di Cadoro presono il castello e la fortezza, ove era piccola guardia, insieme con l’offiziale de’ viniziani che vi era dentro: la quale cosa intesa a Vinegia, comandorono all’Alviano e a Giorgio Cornaro proveditore, che erano nel vicentino, che andassino subito al soccorso di quel paese; e per travagliare ancora loro gl’inimici da quella parte, mandorno verso Triesti quattro galee sottili e altri navili. E nel tempo medesimo Massimiliano, che da Bolzano era andato a Brunech, voltatosi al cammino del Friuli, per la comoditá de’ passi e de’ paesi piú larghi, con seimila fanti comandati del paese, scorse per certe valli piú di quaranta miglia dentro a’ confini de’ viniziani; e presa la valle di Codauro onde si va verso Trevigi, e lasciatosi addietro il castello di Bostauro che era giá del patriarcato d’Aquilea, prese il castello di San Martino, il castel della Pieve e la valle Conelogo, dove erano a guardia i conti Savignani, e altri luoghi vicini: e fatto questo progresso, degno piú tosto di piccolo capitano che di re, lasciato ordine che quelle genti andassino verso il trevigiano, si ritornò alla fine di febbraio a Spruch, per impegnare gioie e fare in altri modi provisione di danari; de’ quali essendo piú tosto dissipatore che spenditore, niuna quantitá bastava a supplire a’ bisogni suoi. Ma avendo per il cammino inteso che i svizzeri avevano accettati i danari del re di Francia, sdegnato contro a loro, andò a Olmo cittá de’ svevi per indurre la lega di Svevia a dargli aiuto, come altra volta aveva fatto nella guerra contro a’ svizzeri: instava ancora con gli elettori perché gli fussino prorogati per altri sei mesi gli aiuti promessi nella dieta di Gostanza. E nel tempo medesimo le genti degli stati suoi che erano restate a Trento, in numero di novemila tra cavalli e