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libro settimo ‐ cap. x 223

differenza sia dal muovere la guerra ad altri ad aspettare che la sia mossa a noi, trattare di dividere lo stato d’altri o aspettare che sia diviso il nostro, essere accompagnati contro a uno solo o rimanere soli contro a molti compagni: perché se questi due re si uniscono insieme contro a noi gli seguiterá il pontefice per conto delle terre di Romagna, il re d’Aragona per i porti del reame di Napoli, e tutta Italia, chi per ricuperare chi per assicurarsi. È noto a tutto il mondo quel che tanti anni ha trattato il re di Francia con Cesare contro a noi: però se ci armeremo contr’a chi ci ha voluto ingannare niuno ci chiamerá mancatori di fede, niuno se ne maraviglierá, ma da tutti saremo riputati prudenti; e con nostra somma laude sará veduto in pericolo chi si sa per ciascuno che ha cercato fraudolentemente mettervi noi. —

Ma in contrario fu per [Andrea Gritti] parlato cosí:

— Se e’ fusse conveniente in una medesima materia rendere sempre il voto nel bossolo de’ non sinceri, io vi confesso, clarissimi senatori, che io in altro bossolo non lo renderei; perché questa consultazione ha da ogni parte tante ragioni che io spesso mi confondo: nondimeno, essendo necessario il risolversi, né potendo farsi con fondamenti o presuppositi certi, bisogna, pesate le ragioni che contradicono l’una a l’altra, seguitare quelle che sono piú verisimili e che hanno piú potenti congetture. Le quali quando io esamino, non mi può in modo alcuno essere capace che il re di Francia, o per sospetto di non essere prevenuto da noi o per cupiditá di quelle terre che appartenevano giá al ducato di Milano, si accordi col re de’ romani a farlo passare in Italia contro a noi, perché i pericoli e i danni che gliene seguiterebbono sono senza dubbio maggiori e piú manifesti che non è il pericolo che noi ci uniamo con Cesare, o che non sono i premi che e’ potesse sperare di questa deliberazione; atteso che, oltre alle inimicizie e ingiurie gravissime che sono tra loro, ci è la concorrenza della dignitá e degli stati, solita a generare odio tra quegli che sono amicissimi. Però, che il re di Francia chiami in Italia il re de’ romani, non vuole dire altro che in