Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/219


libro settimo ‐ cap. ix 213

mare al cammino di Barzalona; l’altro se ne ritornò per terra in Francia, lasciate l’altre cose d’Italia nel grado medesimo, ma con peggiore sodisfazione dell’animo del pontefice. Il quale, di nuovo, presa occasione dal movimento fatto da Annibale Bentivoglio, avea per il cardinale di Santa Prassede fatto instanza in Savona che gli facesse dare prigioni Giovanni Bentivogli e Alessandro suo figliuolo, i quali erano nel ducato di Milano; allegando che, poi che avevano contravenuto alla concordia fatta per mezzo di Ciamonte in Bologna, non era piú il re obligato a osservare loro la fede data; e offerendo, in caso gli fusse consentito questo, mandare l’insegne del cardinalato al vescovo d’Albi. Negava il re costare della colpa di costoro: la quale perché era disposto a punire aveva fatto ritenere molti dí Giovanni nel castello di Milano, ma non apparendo indizio alcuno del delitto loro, non volere mancare della fede alla quale pretendeva di essere obligato; e nondimeno, per fare cosa grata al pontefice, essere disposto a tollerare che egli, con le censure e con le pene, procedesse contro a loro come contro a ribelli della Chiesa; cosí come non si era lamentato che in Bologna, in sulla caldezza di questo moto, fusse stato distrutto da’ fondamenti il palagio loro.


IX

Minacce di Massimiliano contro il re di Francia; sospensione d’animi in Italia. Il contegno del pontefice. Raffreddamento degli animi de’ príncipi tedeschi alla dieta di Costanza. Deliberazioni della dieta, e timori in Italia.

Procedeva nel tempo medesimo la dieta, congregata a Gostanza, con la medesima espettazione degli uomini con la quale aveva avuto principio. La quale espettazione Cesare nutriva con varie arti e con magnifiche parole, publicando d’avere a passare in Italia con esercito tale che forze molto maggiori di quelle del re di Francia e degli italiani uniti insieme non potrebbono resistergli. E per dare maggiore degnitá