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libro settimo ‐ cap. vi 199

disse, questo aspetto non mediocremente l’animo del re; il quale, ancora che avesse deliberato di privare i genovesi di ogni amministrazione e autoritá, e appropriare al fisco quelle entrate che sotto nome di San Giorgio appartengono a’ privati e, spogliatigli d’ogni immagine di libertá, ridurgli a quella subiezione nella quale sono le terre dello stato di Milano, nondimeno, pochi dí poi, considerando che con questo modo non solo si punivano molti innocenti ma si alienavano eziandio gli animi di tutta la nobiltá, ed essere piú facile il signoreggiarla con qualche dolcezza che totalmente con la disperazione, confermò il governo antico, come era innanzi a queste ultime sedizioni. Ma per non dimenticare in tutto la severitá, condannò la comunitá in centomila ducati per la pena del delitto, i quali non molto poi rimesse; in dugentomila altri, in certi tempi, per rimborsarlo delle spese fatte e per edificare la fortezza alla torre di Codifá, poco lontana da Genova e che è situata in sul mare, sopra al borgo che va in val di Pozevera e a San Piero in Arena: la quale, perché può offendere tutto il porto e parte della cittá, è non immeritamente chiamata la Briglia. Volle ancora pagassino maggiore guardia che la solita e che continuamente tenessino nel porto armate tre galee sottili a sua ubbidienza, e che si fortificassino il Castelletto e il Castellaccio; annullò tutte le convenzioni fatte prima tra lui e quella cittá, riconcedendo quasi tutte le cose medesime ma come privilegi non come patti, acciò che fusse sempre in sua potestá il privarnegli; fece rimuovere delle monete genovesi i segni antichi, e ordinò che in futuro vi fusse impresso il segno suo per dimostrazione di assoluta superioritá. Alle quali cose si aggiunse la decapitazione di Demetrio Giustiniano, il quale manifestò nel suo esamine tutte le pratiche e le speranze avute dal pontefice; nel quale supplicio incorse, pochi mesi poi, Paolo da Nove ultimamente doge, il quale navigando da Pisa a Roma, ingannato da uno corso che era stato suo soldato, fu venduto a’ franzesi. Fatto che ebbe il re queste cose, e ricevuto solennemente da’ genovesi il giuramento della fedeltá e data venia a tutti, eccetto che a circa sessanta i quali rimesse alla