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contro a’ viniziani; desiderate molto dal re, liberato per la morte del re Filippo del sospetto avuto delle preparazioni di Massimiliano, ma molto piú desiderate dal pontefice, indegnatissimo contro a loro per l’occupazione delle terre della Romagna, e perché senza alcuno rispetto della sedia apostolica conferivano i vescovadi vacanti nel loro dominio, e si intromettevano in molte cose appartenenti alla giurisdizione ecclesiastica: onde inclinato del tutto alla amicizia del re, oltre allo avere publicato cardinali i vescovi di Baiosa e di Aus, chiesti innanzi con grande instanza, aveva ricercato il re che passasse in Italia e venisse a colloquio seco: il che il re aveva consentito di fare: ma intendendo poi la sua deliberazione di muovere l’armi in favore de’ gentiluomini contro al popolo di Genova, ne ricevé grandissima molestia, essendo, per la inclinazione, antica delle parti di Savona sua patria, contrario a’ gentiluomini e favorevole al popolo. Però fece instanza col re che si contentasse di avere, non alterando lo stato popolare, quella cittá a ubbidienza, e lo confortò efficacemente ad astenersi dalle armi, allegandone molte ragioni; e principalmente essere pericolo che, suscitandosi in Italia per questo moto qualche incendio, non si turbasse il muovere la guerra disegnata contro a’ viniziani: alle quali ragioni vedendo che il re non acconsente, o traportato dallo sdegno e dal dolore o veramente essendosi rinnovato in lui, o da se stesso o per sottile artificio d’altri, l’antico sospetto della cupiditá del cardinale di Roano, e perciò dubitando di non essere ritenuto dal re in caso si riducessino in uno luogo medesimo, e forse concorrendo l’una e l’altra cagione, publicò all’improviso, nel principio dell’anno mille cinquecento sette, contro all’espettazione di tutti, volere ritornarsene a Roma; non allegando altre cagioni che l’aria di Bologna essere nociva alla sua salute e l’assenza di Roma fargli non piccolo detrimento nell’entrate. Dette questa deliberazione ammirazione assai a ciascuno, e specialmente al re, che senza alcuna causa lasciasse imperfette le pratiche che tanto aveva desiderato, interrompendo il colloquio del quale egli medesimo l’aveva ricerco;