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libro sesto ‐ cap. x 133

rotta ricevuta al Garigliano, e di tanti disordini che appresso seguitorono, empierono di lagrime e di pianti quasi tutto il regno di Francia, per la moltitudine de’ morti e specialmente per la perdita di tanta nobiltá; donde la corte tutta, con gli abiti e con molti altri segni di dolore, appariva piena di mestizia e di afflizione; e si sentivano per tutto il reame le voci degli uomini e delle donne che maladivano quel dí nel quale prima entrò ne’ cuori de’ suoi re, non contenti di tanto impero che possedevano, la sfortunata cupiditá di acquistare stati in Italia. Ma sopra tutto era tormentato l’animo del re per la disperazione d’avere piú a ricuperare uno regno sí nobile, e per tanta diminuzione della estimazione e autoritá sua: ricordavasi delle magnifiche parole le quali aveva dette tante volte contro al re di Spagna, e quanto si fusse vanamente promesso degli apparati fatti per assaltarlo da tante bande; ma accresceva il dolore e la indegnazione sua il considerare che, essendo state fatte da sé con somma diligenza e senza risparmio alcuno tante provisioni, e avendo guerra con inimici poverissimi e bisognosi di ogni cosa, fusse stato per la avarizia e per le fraudi de’ ministri suoi sí ignominiosamente superato. E però, esclamando insino al cielo, affermava con efficacissimi giuramenti che, poiché era con tanta negligenza e perfidia servito da’ suoi medesimi, che giammai commetterebbe piú guerra alcuna a’ suoi capitani ma andrebbe personalmente a tutte le imprese. Ma lo tormentava e cruciava ancora piú il conoscere quanto, per la perdita di uno tale esercito e per la morte di tanti capitani e di tanta nobiltá, fussino indebolite le forze sue; in modo che, se o da Massimiliano fusse stato fatto qualche movimento nel ducato di Milano o se l’esercito spagnuolo uscito del reame di Napoli fusse passato piú innanzi, diffidava esso medesimo sommamente di potere difendere quello stato, massime congiugnendosi ad alcuno di questi Ascanio Sforza lo imperio del quale era desiderato ardentemente da tutti i popoli.

Ma del re de’ Romani non si maravigliò alcuno che non si destasse a tanta opportunitá, essendo lo inveterato costume