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di conculcarla miserabilmente e devastarla. E per maggiore infelicitá, acciocché per il valore del vincitore non si diminuisseno le nostre vergogne, quello per la venuta del quale si causorno tanti mali, se bene dotato sí amplamente de’ beni della fortuna, spogliato di quasi tutte le doti della natura e dell’animo.

Perché certo è che Carlo, insino da puerizia, fu di complessione molto debole e di corpo non sano, di statura piccolo, di aspetto, se tu gli levi il vigore e la degnitá degli occhi, bruttissimo, e l’altre membra proporzionate in modo che e’ pareva quasi piú simile a mostro che a uomo: né solo senza alcuna notizia delle buone arti ma appena gli furno cogniti i caratteri delle lettere; animo cupido di imperare ma abile piú a ogn’altra cosa, perché aggirato sempre da’ suoi non riteneva con loro né maestá né autoritá; alieno da tutte le fatiche e faccende, e in quelle alle quali pure attendeva povero di prudenza e di giudicio. Giá, se alcuna cosa pareva in lui degna di laude, risguardata intrinsicamente, era piú lontana dalla virtú che dal vizio. Inclinazione alla gloria ma piú presto con impeto che con consiglio, liberalitá ma inconsiderata e senza misura o distinzione, immutabile talvolta nelle deliberazioni ma spesso piú ostinazione mal fondata che costanza; e quello che molti chiamavano bontá meritava piú convenientemente nome di freddezza e di remissione di animo.

X

L’armata aragonese di nuovo contro Genova. Sconfitta di Obietto dal Fiesco a Rapallo. Rinuncia di don Federigo d’Aragona ad ogni altra impresa d’importanza contro le riviere.

Ma il dí medesimo che il re arrivò nella cittá di Asti, cominciando a dimostrarsigli con lietissimo augurio la benignitá della fortuna, gli sopravennono da Genova desideratissime