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libro primo — cap. vii | 51 |
al senato viniziano sarebbono gratissime tutte le sue prosperitá, per l’osservanza avuta sempre a quella corona: e perciò essergli molestissimo di non potere co’ fatti corrispondere alla prontezza dell’animo, perché per il sospetto nel quale gli teneva continuamente il gran turco, che aveva cupiditá e opportunitá grandissima di offendergli, la necessitá gli costrigneva a tenere sempre guardate con grandissima spesa tante isole e tante terre marittime vicine a lui, e ad astenersi sopratutto da implicarsi in guerre con altri.
VII
Ma molto piú che le orazioni degli imbasciadori e le risposte fatte loro importavano le preparazioni marittime e terrestri le quali giá per tutto si facevano. Perché Carlo aveva mandato Pietro di Orfé, suo grande scudiere, a Genova, la quale cittá il duca di Milano, con le spalle della fazione Adorna e di Giovan Luigi dal Fiesco, signoreggiava, a mettere in ordine una potente armata di navi grosse e di galee sottili; e faceva oltre a questo armare altri legni ne’ porti di Villafranca e di Marsilia: onde era divulgato nella sua corte disegnarsi da lui di entrare nel reame di Napoli per mare, come giá contro a Ferdinando aveva fatto Giovanni figliuolo di Renato. E in Francia benché molti credessino che, per l’incapacitá del re e per le piccole condizioni di quegli che ne lo confortavano e per la carestia de’ danari, avessino finalmente questi apparati a diventare vani; nondimeno per l’ardore del re, il quale nuovamente, con consiglio de’ suoi piú intimi, aveva assunto