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libro quarto — cap. xii 381

maggiore o dissipandosi in persone opportune all’ambizione all’avarizia o alle vergognose voluttá. Per le quali operazioni perduta del tutto ne’ cuori degli uomini la riverenza pontificale, si sostenta nondimeno in parte l’autoritá per il nome e per la maestá, tanto potente ed efficace, della religione, e aiutata molto dalla facoltá che hanno di gratificare a’ príncipi grandi e a quegli che sono potenti appresso a loro, per mezzo delle degnitá e delle altre concessioni ecclesiastiche. Donde, conoscendosi essere in sommo rispetto degli uomini, e che a chi piglia l’armi contro a loro risulta grave infamia e spesso opposizione di altri príncipi e, in ogni evento, piccolo guadagno, e che vincitori esercitano la vittoria ad arbitrio loro, vinti conseguiscono che condizione vogliono, e stimolandogli la cupiditá di sollevare i congiunti suoi di gradi privati a principati, sono stati da molto tempo in qua spessissime volte lo instrumento di suscitare guerre e incendi nuovi in Italia.

Ma ritornando al principale proposito nostro, dal quale il dolore giustissimo del danno publico m’aveva, piú ardentemente che non conviene alla legge dell’istoria, traportato, le cittá di Romagna, vessate come l’altre suddite alla Chiesa da questi accidenti, si reggevano, giá molti anni, in quanto all’effetto, quasi come separate dal dominio ecclesiastico; perché alcuni de’ vicari non pagavano il censo debito in recognizione della superioritá, altri lo pagavano con difficoltá e spesso fuora di tempo, ma tutti indistintamente senza licenza de’ pontefici si conducevano agli stipendi di altri príncipi, non eccettuando di non essere tenuti a servirgli contro alla Chiesa, e ricevendo obligazione da loro di difendergli eziandio contro all’autoritá e l’armi de’ pontefici: da’ quali erano ricevuti cupidamente, per potersi valere delle armi e delle opportunitá degli stati loro, né meno per impedire che non si accrescesse la potenza de’ pontefici. Ma in questo tempo erano possedute da’ viniziani in Romagna le cittá di Ravenna e di Cervia, delle quali avevano molti anni innanzi spogliati quegli della famiglia da Polenta, divenuti prima, di cittadini privati di Ravenna, tiranni della loro patria e poi vicari; Faenza Furlí Imola e Rimini