Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/365


libro quarto — cap. ix 359

i suoi, alla guardia del castello di Milano Bernardino da Corte pavese, che allora ne era castellano, antico allievo suo, anteponendo la fede di costui a quella del fratello Ascanio che se gli era offerto di pigliarne la cura, e vi lasciò tremila fanti sotto capitani fidati, e provisione di vettovaglie di munizione e di danari bastante a difenderlo per molti mesi: e risoluto nelle cose di Genova fidarsi d’Agostino Adorno, allora governatore, e di Giovanni suo fratello, a cui era congiunta in matrimonio una sorella de’ Sanseverini, mandò loro i contrasegni del castelletto. A’ Buonromei gentiluomini di Milano restituí Anghiera, Arona e altre terre in sul Lago Maggiore, che aveva loro occupate, e a Isabella di Aragona, moglie giá del duca Giovan Galeazzo, fece a conto delle sue doti donazione del ducato di Bari e del principato di Rossano per trentamila ducati, ancora che ella non gli avesse voluto concedere il piccolo figliuolo di Giovan Galeazzo, il quale egli desiderava che co’ figliuoli suoi andasse in Germania. E poiché, ordinate queste cose, fu dimorato quanto gli parve potere dimorare sicuramente, reggendosi giá la terra per se stessa, partí con molte lagrime, il secondo dí di settembre, per andare in Germania, accompagnato dal cardinale da Esti e da Galeazzo Sanseverino e, per assicurarsi il cammino, da Lucio Malvezzo e da non piccolo numero di uomini d’arme e di fanti. Né era appena uscito del castello che il conte di Gaiazzo, sforzandosi di coprire con qualche colore la sua perfidia, fattosegli incontro gli disse che, poiché egli abbandonava lo stato suo, pretendeva restare libero della condotta che aveva da lui, e potere prendere di sé qualunque partito gli piacesse; e immediate poi scoperse il nome e l’insegne di soldato del re di Francia, andando a’ soldi suoi con la medesima compagnia che aveva messa insieme e conservata co’ danari di Lodovico. Il quale da Como, dove lasciò la fortezza in potestá del popolo, se ne andò per il lago insino a Bellagio; e di poi smontato in terra passò da Bormio e per quegli luoghi dove giá, nel tempo che era collocato in tanta gloria e felicitá, aveva ricevuto Massimiliano, quando piú presto come capitano suo