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libro quarto — cap. vi 329

fama delle nostre ricchezze, e maggiore l’opinione, confermata con sí spessi e illustri esempli, della nostra unione e costanza alla conservazione del nostro stato, non ardirá il re di Francia di assaltarci se non congiunto con molti, o almeno col re de’ romani: l’unione de’ quali è per molte cagioni sottoposta a tante difficoltá che è cosa vana il prenderne o speranza o timore. Né la pace che ora spera d’ottenere da’ príncipi vicini di lá da’ monti sará perpetua, ma la invidia le inimicizie il timore del suo augumento desterá tutti quegli che hanno seco odio o emulazione. E è cosa notissima quanto i franzesi siano piú pronti ad acquistare che prudenti a conservare quanto per l’impeto e insolenza loro diventino presto esosi a’ sudditi. Però, acquistato che aranno Milano, aranno piú tosto necessitá di attendere a conservarlo che comoditá di pensare a nuovi disegni; perché uno imperio nuovo non bene ordinato né prudentemente governato aggrava, piú presto che e’ faccia piú potente, chi l’acquista: di che quale esempio è piú fresco e piú illustre che l’esempio della vittoria del re passato? contro al quale si convertí in sommo odio il desiderio incredibile con che era stato ricevuto nel reame di Napoli. Non è adunque né sí certo né tale il pericolo, che ci può dopo qualche tempo pervenire della vittoria del re di Francia, che per fuggirlo abbiamo a volere stare in uno pericolo presente e di grandissimo momento; e il rifiutare, per timore di pericoli futuri e incerti, sí ricca parte e sí opportuna del ducato di Milano non si potrebbe attribuire ad altro che a pusillanimitá e abiezione di animo, vituperabile negli uomini privati non che in una republica piú potente e piú gloriosa che, dalla romana in fuora, sia stata giammai in parte alcuna del mondo. Sono rare e fallaci l’occasioni sí grandi, ed è prudenza e magnanimitá, quando si offeriscono, l’accettarle e, per contrario, sommamente reprensibile il perderle; e la troppa curiosa sapienza e troppo consideratrice del futuro è spesso vituperabile, perché le cose del mondo sono sottoposte a tanti e sí vari accidenti che rare volte succede per l’avvenire quel che gli uomini eziandio savi si hanno immaginato avere a essere; e chi lascia il bene