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erano dugento fanti de’ viniziani; da’ quali luoghi battendo la muraglia da alto e da basso, sperò il primo dí di espugnarla: ma essendo per avventura ruinato uno arco della muraglia, quello ruinando, la notte, alzò quattro braccia il riparo cominciatovi; in modo che Paolo, avendo tentato invano tre dí di salirvi con le scale, cominciò del successo non mediocremente a dubitare, ricevendo l’esercito molti danni da una artiglieria di dentro che tirava per una bombardiera bassa. Ma fu la industria e virtú sua aiutata dal beneficio della fortuna, senza il favore della quale sono spesso fallaci i consigli de’ capitani; perché da uno colpo d’artiglieria di quelle del campo fu rotta quella bombarda e ammazzato uno de’ migliori bombardieri che fusse dentro, e passò la palla per tutta la terra. Dal qual caso spaventati, perché per l’artiglieria piantata alla seconda torre difficilmente potevano affacciarsi, si arrenderono il quarto dí, e poco poi la rocca, aspettati pochi colpi d’artiglieria, fece il medesimo. Acquistata Librafatta, attese a fare alcuni bastioni in sui monti vicini; ma sopra tutti uno forte e capace di molti uomini sopra Santa Maria in Castello, chiamato, dal monte in sul quale fu posto, il bastione della Ventura, il quale scorreva tutto il paese circostante, e dove è fama esserne anticamente stato fabricato un altro da Castruccio lucchese, capitano nobilissimo de’ tempi suoi, acciocché, guardandosi questo e Librafatta, restassino impedite le comoditá che, per la via di Lucca e di Pietrasanta, potessino andare a Pisa.

Ma non cessavano i viniziani di pensare a ogni rimedio per sollevare, ora per via di soccorso ora con diversione, quella cittá; della qual cosa potere fare accrebbono loro speranza le difficoltá che nacqueno tra il duca di Milano e il marchese di Mantova, condottosi di nuovo col duca. Il quale, per non privare del titolo di capitano generale delle sue genti Galeazzo da San Severino, maggiore appresso a lui per favore che per virtú, aveva promesso al marchese di dargli infra tre mesi titolo di capitano suo generale, a comune o con Cesare o col pontefice o col re Federigo o co’ fiorentini; il che non avendo