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libro terzo — cap. vii 249

dio di... famosissimo capitano, fu da lui espugnata in uno giorno solo: cosa che ingannò molto i franzesi, perché avendo deliberato di fermarsi in Venosa, terra forte di sito e molto abbondante di vettovaglie, la credenza che ebbono che Ferdinando non cosí presto pigliasse Giesualdo fu cagione che perdessino tempo in Atella, la quale terra aveano presa e la saccheggiavano; onde innanzi partissino, sopragiunti da Ferdinando, che preso Giesualdo accelerò il cammino, benché battessino una parte de’ suoi trascorsa innanzi al campo, non potendo ridursi a Venosa vicina a otto miglia, si fermorono in Atella, con intenzione di aspettare se da parte alcuna venisse soccorso, e sperando, per la vicinitá di Venosa e di molte altre terre circostanti che si tenevano per loro, poterne ricevere comoditá di vettovaglie. Accampovvisi subito Ferdinando, intento tutto a impedirle loro, poiché vedeva presente la speranza di ottenere la vittoria senza pericolo e senza sangue, e perciò attendendo a fare all’intorno molte tagliate e a insignorirsi delle terre vicine. Ma le difficoltá de’ franzesi gli rendevano ogni dí le cose piú facili. Perché i fanti tedeschi, non avendo, poi che furono levati del suo paese, ricevuto pagamento se non per due mesi, ed essendo passati tutti i termini invano aspettati, se n’andorono nel campo di Ferdinando; onde crescendo a lui la facoltá di infestare piú gli inimici e di piú distendervisi, vi si conducevano piú difficilmente le vettovaglie che venivano da Venosa e dall’altre terre circostanti. Né in Atella era tanto da vivere che bastasse a sostentare molti dí i franzesi, perché vi era piccola quantitá di grano; e avendo gli aragonesi rovinato uno molino, il quale era in sul fiume che corre propinquo alle mura, pativano anche di macinato: non si alleggerendo le incomoditá presenti per la speranza del futuro; poi che da parte alcuna non appariva segno di soccorso. Ma l’avversitá che sopravenne in Calavria messe in ultima ruina le cose loro. Perché avendo Consalvo, per l’occasione della infermitá lunga di Obigní per la quale molti de’ suoi erano andati all’esercito di Mompensieri, preso piú terre in quella