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LIBRO SECONDO
I
Mentre che queste cose si facevano in Roma e nel reame napoletano, crescevano in altra parte d’Italia le faville d’uno piccolo fuoco, destinato a partorire alla fine grandissimo incendio in danno di molti, ma principalmente contro a colui che per troppa cupiditá di dominare l’avesse suscitato e nutrito. Perché, ancoraché il re di Francia si fusse convenuto in Firenze, che tenendo lui Pisa insino all’acquisto di Napoli, la giurisdizione e l’entrate appartenessino a’ fiorentini, nondimeno, partendosi da Firenze, non aveva lasciato provisione, o posto ordine alcuno, per la osservanza di tale promessa; in modo che i pisani, a’ quali inclinava il favore del commissario e de’ soldati lasciati dal re alla guardia di quella cittá, deliberati di non ritornare piú sotto il dominio fiorentino, avevano cacciati gli ufficiali e tutti i fiorentini che v’erano rimasti, alcuni n’aveano incarcerati, occupate le robe e tutti i beni loro, e confermata totalmente con le dimostrazioni e con l’opere la ribellione. Nella quale per potere perseverare non solo mandorono imbasciadori al re, da poi che fu partito da Firenze, che difendessino la causa loro, ma disposti a fare ogni opera