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libro secondo - capitolo xiii 53


condizionato lo stato in modo che facilmente si potessi disordinargli le entrate, o essergli difficile, se avessi una rotta, a rifarsi in breve spazio di tempo. Veggo che sempre e’ romani quando potettono prevennono le guerre a casa altri, contro a Filippo re di Macedonia, contro a Antioco, contro a’ cartaginesi; e quando non lo feciono furono malcontenti di non l’avere fatto. Né mi muove quello che dice lo scrittore, che se e’ romani avessino avuto in tanto spazio di tempo quelle tre rotte in Francia che gli ebbono in Italia da Annibale, sarebbono sanza dubio stati spacciati; perché si pone uno caso impossibile, che chi ha una rotta in casa di altri, massime in luogo lontano, possi cosí subitamente doppo la prima rotta avervi rimandato l’uno doppo l’altro dua nuovi eserciti. E chi risolve bene el partito di fuggire la guerra in casa col portarla a casa di altri, vi va con tale fondamento che può cosí sperare di rompere lo inimico, come temere di essere rotto; altrimenti la aspetta in casa, come feciono e’ romani da Annibale; e’ quali essendo giá molti anni, come dice Livio, inesperti alla guerra, ed avendo la guerra con capitano e con soldati espertissimi, se furono rotti in casa, sarebbono forse molto piú facilmente stati nel principio della guerra rotti da lui in Spagna o in Africa.

CAPITOLO XIII

[Che si viene di bassa a gran fortuna piú con la fraude che con la forza.]

Se lo scrittore chiama fraude ogni astuzia o dissimulazione che si usa etiam sanza dolo, può essere vera la conclusione sua che la forza sola, non dico mai, che è vocabulo troppo resoluto, ma rarissime volte conduca gli uomini da bassa a grande fortuna. Ma se chiama fraude quella che è proprio fraude, cioè el mancamento di fede o altro procedere doloso, credo si truovino molti che hanno sanza fraude acquistato regni ed imperi grandissimi. Di questi fu Alessandro Magno,