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libro primo - capitolo lviii 45


non sia né prudenzia né constanzia. Alla quale non repugnano, chi bene considera, né le ragione né gli esempli allegati per lo autore del Discorso; perché in quanto lui allega che in uno popolo regolato dalla legge non è manco virtú o prudenzia che in uno principe regolato dalle legge, ed adduce per esemplo el popolo romano, io dico principalmente che né la ragione né lo esemplo suo fa a proposito del caso, perché altro è considerare una moltitudine che per sé stessa deliberi, altro uno governo populare ordinato in modo che le deliberazione grave ed importante abbino a essere fatte da’ piú prudenti. Nel primo caso sará spesso varietá, ignoranzia e confusione, e sia la moltitudine regolata dalle legge quanto vuole; nel secondo caso se le cose si deliberano prudentemente e stabilmente, non procede perché nella moltitudine non siano quelli difetti, ma perché non sono in quelli piú prudenti. Tale fu el popolo romano, nel quale le cose piú importanti si deliberavano dal senato, da’ consuli e da’ principali magistrati, e nel quale se la moltitudine avessi avuto a deliberare, ancora che fussi regolata da buone legge, piena di costumi santi ed amantissimi della sua libertá, sarebbe nelle sue deliberazione apparita molte volte, con danno gravissimo della sua republica, quella imprudenzia e varietá che nelle altre moltitudine riprendono gli scrittori.

Di poi quando bene noi chiamassimo le deliberazione de’ romani deliberazione della moltitudine, piglisi al rincontro uno principe che sia tra gli altri príncipi in quello grado di virtú che fu el popolo romano tra gli altri popoli: credo sanza dubio procederá in tutte le sue cose con maggiore prudenzia e con maggiore constanzia che non procedeva el popolo romano; perché per le ragione dette di sopra, dove e’ termini siano pari, è piú ordine, piú distinzione, piú resoluzione, piú fermezza in uno che in molti. E pel contrario se si piglia uno popolo sciolto dalle legge ed uno principe libero e sciolto, quali sono quasi tutti, e quegli di Francia ancora, che lo autore chiama legati, in potestá de’ quali è nel regno suo fare ciò che vogliono, dico che in uno principe si potrá trovare