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206. Non voglio disputare quale fussi piú utile a’ corpi nostri, o governarsi co’ medici o non ne avere, come lungamente feciono e’ romani; ma dico bene, che o sia per la difficultá della cosa in sé, o per la negligenzia de’ medici, e’ quali bisognerebbe fussino diligentissimi e osservassino bene ogni minimo accidente dello infermo, che e’ medici de’ tempi nostri non sanno medicare altro che e’ mali ordinari, ed el piú che si distenda la scienzia loro è insino a curare due terzane, ma come la infermitá ha niente di estraordinario, mendicano al buio e a caso; sanza che, el medico per la sua ambizione e per le emulazione che sono tra loro, è uno animale pessimo, sanza conscienzia e sanza rispetto, ed avendo la sicurtá che gli errori loro si possino male reprovare, pure che esalti sé o deprima el compagno, fa ogni dí notomia de’ corpi nostri.

207. Della astrologia, cioè di quella che giudica le cose future, è pazzia parlare: o la scienza non è vera, o tutte le cose necessarie a quella non si possono sapere, o la capacitá degli uomini non vi arriva; ma la conclusione è, che pensare di sapere el futuro per quella via è uno sogno. Non sanno gli astrologi quello dicono, non si appongono se non a caso; in modo che se tu pigli uno pronostico di qualunque astrologo, ed uno di un altro uomo fatto a ventura, non si verificherá manco di questo che di quello.

208. La scienzia delle legge è ridotta oggi in luogo, che se nella decisione di una causa è da uno canto qualche viva ragione, dall’altro la autoritá di uno dottore che abbia scritto, piú si attende nel giudicare la autoritá; però e’ dottori che praticano sono necessitati volere vedere ognuno che scrive; e cosí quello tempo che s’arebbe a mettere in speculare, si consuma in leggere libri con stracchezza di animo e di corpo, in modo che l’ha quasi piú similitudine a una fatica di facchini che di dotti.