Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti politici e ricordi, 1933 – BEIC 1844634.djvu/323


serie seconda 317

146. Infelicitá grande è essere in grado di non potere avere el bene, se prima non s’ha el male.

147. Erra chi crede che la vittoria delle imprese consista nello essere giuste o ingiuste, perché tuttodí si vede el contrario, che non la ragione, ma la prudenzia, le forze e la buona fortuna danno vinte le imprese. È ben vero, che in chi ha ragione nasce una certa confidenzia, fondata in sulla opinione che Dio dia vittoria alle imprese giuste, la quale fa gli uomini arditi ed ostinati, dalle quali due condizioni nascono talvolta le vittorie. Cosí l’avere la causa giusta può per indiretto giovare, ma è falso che lo faccia direttamente.

148. Chi vuole espedire troppo presto le guerre, le allunga spesso1: perché non avendo a aspettare o le provisione che gli bisogna, o la debita maturitá della impresa, fa difficile quello che sarebbe stato facile, in modo che per ogni dí di tempo che ha voluto avanzare perde spesso piú di uno mese; sanza che, questo può essere causa di maggiore disordine.

149. Nelle guerre chi vuole manco spendere, piú spende; perché nessuna cosa vuole maggiore e piú inconsiderata effusione di denari, e quanto le provisione sono piú gagliarde, tanto piú presto si espediscono le imprese; alle quali cose chi manca per risparmiare danari allunga le imprese, tanto piú che ne risulta sanza comparazione maggiore spesa. Però nessuna cosa è piú perniziosa che entrare in guerre con gli assegnamenti di tempo in tempo, se non ha numerato grosso; perché è el modo non a finire la guerra, ma a nutrirla.

150. Non basti a farvi fidare o rimettere in uomini ingiuriati da voi2 el conoscere che quello negocio medesimo risulterebbe, conducendolo bene, anche utilitá ed onore a loro;

  1. In margine, di mano dell’autore: La andata nostra a Cremona.
  2. In margine, di mano dell’autore: Duca di Urbino.