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la politica di clemente vii 201

tare e della ambizione ordinaria degli uomini e della insolenzia naturale di chi è vincitore, non gli restava altra sicurtá, non volendo cercare nuovi compagni ed amicizie, che confidarsi nella maestá del pontificato e nella opinione, che insino allora era divulgata da molti, della bontá di Cesare. La quale sicurtá era molto dubia, poi che in tutto dependeva dalla potestá e disposizione di altri; e di chi? D’uno principe oltramontano, principe giovane, potentissimo, fortunatissimo, e che poteva numerare piú vittorie che anni di imperio, ed el quale aveva facultá di coprire le imprese ambiziose con titoli apparenti di ragione; e si sapeva che era ardentemente stimolato da molti suoi ministri di aprire el seno a tanto favore della fortuna, e dirizzare lo animo a fare una monarchia, della quale era el principale fondamento stabilire a vóto suo le cose d’Italia.

Ed ancora che per la bontá sua e per la esperienzia che si è veduta poi di lui, si fussi potuto credere el contrario, nondimeno molte ed efficacissime ragioni concorrevano a farne giustamente sospettare. Prima le antiche e generale: che la potenzia delli imperadori suole essere perniziosa a’ pontefici, essendosi per esperienzia di lunghissimi tempi veduto, che rare volte tra queste dua supreme potestá è stata vera unione e concordia; né è maraviglia, perché l’uno domina e risiede in Roma, l’altro ha el titolo dello imperio di quella e di tante terre che tengono e’ pontefici; e come el papa pretende che la cura spirituale sia tutta sua, cosí lo imperadore pretende essere lui amministratore di tutto el temporale, ed iuridico signore di tutto el mondo. Sono queste dua potestá, cioè la spirituale e la temporale, nomi ed effetti diversi, ma tanto bene corrispondono e quadrano l’una con l’altra, che sempre e’ príncipi hanno cercato di unirle quanto hanno potuto: però ed e’ pontefici pigliano spesso piú della autoritá temporale che non ricerca l’officio loro, ed e’ principi seculari, sempre quando n’hanno avuto occasione, si sono fatti padroni dello spirituale.

Appresso agli ebrei el piú delle volte uno medesimo era principe e pontefice massimo; e se non uno medesimo, era