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XV

[Giustificazione della politica di Clemente vii.]


È sentenzia approvatissima appresso a tutti e’ savi che gli eventi delle cose non sono sicuro giudice delle deliberazione che fanno gli uomini, ma solamente le ragione che gli hanno mosso a deliberare; perché la esperienzia ha mostro spesso consigli prudenti avere sortito infelice fine, e pel contrario in molte azione avere avuto piú parte la felicitá che la prudenzia. E questa diversitá tra gli effetti e le cause accade piú nelle guerre che in qualunche altra cosa umana; perché le sono tanto sottoposte alla potestá della fortuna, che a ogni ora per ogni minimo accidente ricevono variazione grandissima, portando molte volte per caso estraordinario la vittoria a chi era ridotto in ultima desperazione.

Se adunche ne’ tempi nostri ed in questi prossimi anni è accaduto che la guerra la quale prese Clemente VII pontefice romano in compagnia del re di Francia e de’ viniziani contro a Cesare, ebbe infelicissimo fine, poi che in luogo della sperata vittoria e quiete di tutta Italia ne successe carcere nella persona sua propria, el sacco crudelissimo di Roma, ed infinite calamitá universale; non per questo solo s’ha a fare conclusione che la deliberazione di pigliare la guerra fussi imprudente e male considerata. Ma chi vuole condannare el papa di temeritá debbe, se non vuole essere temerario lui, esaminare diligentemente le ragione che lo mossono, perché da queste, non dallo evento, s’ha a fare giudicio della prudenzia o imprudenzia sua.