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10 discorsi del machiavelli

CAPITOLO IV

[Che la disunione della plebe e del senato romano fece libera e potente quella republica.]

Io ho altra volta scritto piú largamente, però ora me ne passerò con brevitá; ma dico in conclusione che la causa delle disunione di Roma tra patrizi e plebei fu dallo essere divisi gli ordini della cittá, cioè che una parte fussino patrizi, l’altra plebei, e che tutti e’ magistrati fussino de’ patrizi, esclusa la plebe, e tolta a’ plebei ogni speranza di potergli conseguire. Ché se da principio o non fussi stata questa distinzione tra patrizi e plebei, o se almanco si fussi data la metá degli onori alla plebe, come si fece poi, non nascevano quelle divisione, le quali non possono essere laudabile, né si può negare che non fussino dannose, se bene forse in qualche altra republica manco virtuosa arebbono fatto piú nocumento; non arebbe la plebe desiderato la creazione de’ tribuni, né sarebbe stato necessario quello magistrato, perché communicati gli onori, era communicata la potenzia, né piú pericolo arebbe portato la libertá da’ patrizi che da’ plebei. Ed è certo che communicati che furono gli onori, quello magistrato fu forse di piú danno che di utile, ed almanco negli ultimi tempi fu instrumento e colore a chi volle turbare la republica; e massime non si può a giudicio mio laudare in loro né la autoritá di proporre nuove legge né di intercedere.

Non fu adunche la disunione tra la plebe ed el senato che facessi Roma libera e potente, perché meglio sarebbe stato se non vi fussino state le cagione della disunione; né furono utile queste sedizione, ma bene manco dannose che non sono state in molte altre cittá, e molto utile alla grandezza sua che e’ patrizi piú presto cedessino alla voluntá della plebe, che entrassino in pensare modo di non avere bisogno della plebe; ma laudare le disunione è come laudare in uno infermo la infermitá, per la bontá del remedio che gli è stato applicato.