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libro primo - capitolo iii 9


quelli che fussino cattivi; e s’ha a considerare in questa materia, che gli uomini tutti sono per natura inclinati al bene, ed a tutti, data paritate terminorum, piace piú el bene che ’l male; e se alcuno ha altra inclinazione, è tanto contro allo ordinario degli altri e contro a quello primo obietto che ci porge la natura, che piú presto si debbe chiamare monstro che uomo. È adunche ognuno naturalmente inclinato al bene; ma perché la natura nostra è fragile, e nel vivere umano si riscontra a ogni passo nelle occasione che possono divertire dal bene, come è la voluttá, la ambizione, la avarizia, e’ savi, prevedendo questo pericolo, dove hanno potuto tôrre agli uomini la facultá del fare male, l’hanno fatto; e dove non si è potuto fare assolutamente, perché non si può fare sempre, anzi rare volte, aggiunsono altro rimedio, cioè allettare gli uomini al bene co’ premi, e spaventargli dal fare male con le pene.

La causa dello eleggere e’ tribuni fu quella che si dice nel Discorso, cioè per fare una difesa alla plebe contro alla nobilitá cioè e’ patrizi; el quale effetto risultava in quattro modi: el primo, che avendo la plebe uno magistrato particulare veniva a avere uno capo publico, col quale si poteva consultare e trattare e’ commodi suoi, ed a chi avendo la plebe ricorso, non era disprezzata come corpo che non avessi capo; el secondo, per la autoritá dello intercedere, che era tale che non si poteva in Roma fare alcuna deliberazione publica contro alla voluntá pure di uno solo de’ tribuni; el terzo, col potere mettere innanzi al popolo nuove legge; el quarto, col chiamare al giudicio del popolo quelli cittadini che paressi a ciascuno di loro. Le quali autoritá non furono intese da principio della loro creazione, ma in processo di tempo o usurpate o ampliate con la interpretazione della legge con la quale furono creati; le quali autoritá non facevano quello che dice el Discorso, cioè che e’ tribuni fussino uno magistrato in mezzo tra ’l senato e la plebe, perché bene erano temperamento della potenzia de’ nobili, ma non, e converso, della licenzia della plebe.