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egregia e conforme alla impudenzia sua, perché se la veritá non constassi per altra via, io confesso che la necessitá ci sforzerebbe a credere a’ libri, e ci staremo a quegli non tanto per la fede che noi gli prestassimo quanto perchè non aremo modo di fare altrimenti. Ma dove la veritá è manifestissima, dove sono le pruove sí chiare e sí evidenti, non bisogna che tu mi meni alle conietture. Dico che messer Francesco ha rubato e’ danari nostri, e vi do testimoni non uno, non dua, non a decine, non a centinaia, ma a migliaia, testimoni di ogni sorte, di ogni qualitá, di ogni nazione, e testimoni che non aveano interesse a dirlo, piú presto potevano avere rispetto a tacerlo.

In contrario non veggo se non uno testimonio, Alessandro del Caccia, ed un altro ministro suo. Chi dice che e’ danari vostri sono stati bene spesi? Alessandro del Caccia. Chi che messer Francesco non gli ha avuti? Alessandro del Caccia. Chi ha scritto in su’ libri, di che si fa tanto romore? Alessandro del Caccia. Dunche s’ha a dare fede a uno testimonio solo, e quello che non si fa in una causa privata, in una causa minima, nella quale (bisognano pure almanco dua o tre testimoni ed uno canc.) uno testimonio solo non è creduto, quando bene non vi siano altre pruove in contrario, si ammetterá in una publica di tanta importanza e dove in contrario sono le migliaia di testimoni, in modo che se noi vogliamo attendere el numero, che comparazione è da uno esercito a uno uomo? Se la degnitá delle persone, grande cosa sará che in uno esercito intero, tra tante nobilitá, tra tanti signori, tra tanti capitani, non siano testimoni di piú degnitá di Alessandro del Caccia, el quale, se tutte le altre cose concorressino, è parte in questo caso, perché non è da credere che abbia consentito che un altro rubi che anche lui non voglia essere in parte della preda; e noi crederreno a uno testimonio el quale scusando messer Francesco scusa sé, accusando lui accusa sé? Crederréno alle scritture tenute per mano di chi è stato compagno al furto, come sia da maravigliarsi che chi non l’ha ritenuto né la conscienzia né la paura da fare tanto assassinamento, non gli sia bastato l’animo a fare uno libro falso? Dimmi, Alessandro del Caccia, tu che sei mercatante, che sei uso a maneggiare danari, che sai quanto importano queste cose, parevat’egli onesto che una somma infinita di danari, tante centinaia di migliaia di ducati si maneggíassino cosí sobriamente, cosí asciuttamente, ed in modo che se n’avessi a prestare fede a te solo? Perché non si accompagnava la autoritá tua con le ricevute di chi gli ha avuti, con le fede delle terze persone, con tante chiarezze come era facile cosa che non si lasciassi luogo di dubitarne? Quello che e’ mercatanti fanno nelle centinaia o al piú migliaia di ducati non ti pareva conveniente doversi fare in sí grossa quantitá? Quello che tu eri solito fare negli interessi mediocri di Iacopo Salviati non ti pareva debito farsi nello stato della tua patria? Avevav’egli accecati tutt’a dua tanto la avarizia e ’ l peccato, che voi credessi che uno furto che toccava a tanti non avessi venire a luce? Credevi voi