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libro secondo 95


Dunche quando voi dite che chi ha trattato de’ buoni governi non ha avuto questo obietto che le cittá siano libere, ma pensato a quello che fa migliori effetti, e però quando el governo di uno solo è buono, prepostolo a tutti gli altri come migliore; io crederrei che questo fussi vero, quando da principio si edifica o instituisce una cittá, perché quanto migliore vi si pone el governo, e sia di che spezie vuole, piú si hanno gli effetti e di sicurtá e di commoditá e di onore. Ma quando una cittá è giá stata in libertá ed ha fatta questa professione, in modo che si può dire che el naturale suo sia di essere libera, allora ogni volta che la si riduce sotto el governo di uno, non per sua voluntá o elezione, ma violentata, e cosí si va poi mantenendo, questo non può accadere sanza scurare assai el nome suo ed infamarla appresso agli altri. Perché bisogna che si creda o che quegli cittadini siano dapochi, o che ve ne siano molti cattivi poi che tollerano o favoriscano che la patria a dispetto suo stia sotto el giogo; ed in questo consiste la degnitá della cittá, la quale si conserva, quando si mantiene sotto el governo che piú ama, e si perde, quando sforzata vive sotto quello che non gli piace.

Però ditemi, che vituperio era alla patria nostra che sempre si è chiamata libera ed intra tutte le altre cittá di Italia ha fatto professione speziale di libertá, e per conservazione della quale e’ padri, gli avoli ed altri passati nostri hanno fatto tante spese e sostenuto tanti pericoli, che si intendessi che era ridotta in arbitrio di uno privato cittadino, ed a questo venuta non per volontá sua, ma parte suffocata dalla sua ricchezza, parte dalla forza de’ suoi cagnotti e partigiani! Che vergogna era la nostra quando era publico a tutta Italia, a tutto el mondo che una cittá si nobile, si onorata, si generosa come è stata questa, e che per tutto suole avere el titolo di sottilissimi ingegni, servissi contro a sua volontá e nondimeno fussi ridotta in tanta ignavia e dapocaggine, che non eserciti, non grosse guardie, ma venticinque staffieri la tenessino in servitú! Siena, con tutto che pazza, non serve si dapocamente. Né so che calamitá possi avere una cittá, da quelle