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(Noldin, Enrici, Sommavilla, Bertol), di Segonzon (Biava) di Loverno (Bernardi, Betta, Bendet, Tonioli), di Campo d’Enno (Zanoni, Pangrazi). Le accuse degli uomini sono parche, si afferma di aver udito mormorare, si constata la voce pubblica, null’altro.

Ciò che meraviglia e il trovare in una persona istruita (rara avis!) un terribile teste d'accusa: il notajo Noldin Giovanni di Quetta, il quale aggrava la posizione della Tronella, affermando di aver «sentuto dir che dessa teneva le bussole, e che segnava gli occhi malati», e accusandola di essersi trasformata in «gatta che sgnaulava». Non prova però anch’esso che la fama pubblica.

L’unica donna di questa seduta giudiziale è Brigida detta la Braita Portolana, vedova, di Tosio, che depone contro una tal Antea, cioè Dorotea di Fior, Portolana, e contro Maria Rigoli di Thos detta la Grill, figlia di un'Orsola pure diffamata per stria, per fatturamenti di giovani e fanciulle e per aver fatto gesti strambi nella « sesla dell’ horzo ».

La seconda tornata giudiziale è documentata integralmente: siamo in Burgo Clesii in domo Jac.i Tomazolli in un brutto venerdì, 16 marzo, 1612.

Già il primo teste (centesimo del processo) dà un elenco minutissimo di donne in voce di streghe: una Veronica Morati da Mechel, Maria Melchiori, la moglie di Bennassù Cheller, la moglie di Faci Trepen, la vedova di Cristofollo Pillon, la moglie di Antonio Zambart da Cestione, Maria Bolognini, Isabetta del Valent da Majan, e la vedova di Simone Simonzel. Questa serie spaventosa di Lamie prodotta da Antonio Pillone si sfronda poi nelle deposizioni seguenti: restano aggravate la Pilona da Spinazeda, una Isabetta Valenta di Galinari, da Dres, e Veronica da Pez.

Chiacchera molto una donna, Diana Tomazzolli, moglie di Francesco di Brez, la quale mette a brutto partito la Isabella Valenta per certe fatture fatte sur una figlioletta della teste; mentre un Giovanni Pontati parla di altre streghe. In fine entrano in scena due anime oneste: Domenica Simoncella e Malgarita Simoncelli che rispondono «nihil scire». In generale le accuse nella pieve appaiono vaghe e di natura assai leggera: molto le persone indiziate, ma pochi i testimoni e insignificanti i fatti da essi addotti.

La terza seduta, del 19 marzo, si tenne a Varolo, in domo detto la Fredaja.