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9. esorcizzazioni, pignoramenti, controfatture.

Si leva il malocchio nei modi più strani: mettendo in culla o nei cuscini o nei pagliericci brandelli di vesti della fattucchiera, o con cerimonie più lunghe; col mettere le mani sulle spalle e pronunciar formole deprecatrici, col beveraggio d'acqua santa, col mettere i pegni della persona fatturata (capelli, vesti, maglie) ravvolti in un panno nello « sgaùs » d’un salice: col far tondere il capo della strega e farci una chierica.(1)

Questi esorcismi sono alla lor volta reati, perché non approvati dalla Chiesa e perché operati da indovini o dalle streghe stesse: appare come uso e costume divulgatissimo di rivolgersi nei casi sospetti di fattura all’indovino, che è considerato come persona tollerata dalla Chiesa e ben diversa dalla strega: l’arte dell’indovino sembra essere un’istituzione lecita come la chirurgia o la medicina. Caso strano che i testi non fanno il nome degli indovini e i giudici nol domandano.

10. Metamorfosi diaboliche. La strega si trasforma in gatta, la quale malmenata, battuta, colpita di forca, quasi uccisa, « sgnaula » con voce quasi umana e si rimpiatta. Il giorno di poi la persona accusata d’esser strega si trova nel letto ferita, malconcia, con un « fazzollo al col e le giambe rotte ». Oppure, in un caso, la maliarda si trasforma nel letto maritale accanto al marito, in una granata o spazzadora. Un pignoramento assai in voga era quello della « ponta »; si disfaceva la fattura pungendo di coltello la strega, alla quale si cavava prima il fazol dal cau.

11. Operazioni diaboliche: uno strione è accusato « di far segar le fauz, senza guzzarle, per tre giorni », altri di far andare buoi stanchi avanti e indietro a sua volontà: una donna, come vedemmo, fa andare i sorci per la segosta su nel camino: aprire con una paglia le serrature d’un uscio, spalancare senza la forza le porte chiuse a catenaccio: sono altre imputazioni del genere. Una borsa vuota posta sulla tavola si trova il giorno dopo piena di zecchini.

12. Rabdomanzie coi busseri e col crivello (tamis) per rintracciare cose perdute o mancanti o rubate, o per scovare i ladri. I rabdomanti prendevano il cribro con un « forfes » e dicevano



  1. Il bruciare un nido di rondola è pure annoverato fra i mezzi efficaci di pignoramento. Ms. 618, pag. 470).