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l’antico male Mortificai la mia anima schiava, ma sotto cruda sferza di sarcasmi l’incatenata più s’umilïava, più inseguiva per vane ombre fantasmi dolci d’amore, come chi per sete succosi frutti col desio si plasmi.

E fatta a me nemica, con inquete pupille e voce roca e gesto asprigno snudavo l’ansie e le viltà segrete.

Freddo disdegno chiuso in freddo ghigno m’oppose: – Donde vieni? E chi sei tu?

Ed io invocai gemendo quel benigno sonno per cui non v’ha risveglio più.