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xi


Io piangevo così note d’amore
come la cieca in sul quadrivio, volta
al sole, canta il suo buio dolore

e non s’avvede che nessun l’ascolta.

Ora non più; non più l’amore, ma l’indifferente ed ostile desiderio. La Primavera l’ha guarita:

Scossi da me l’antico e il nuovo danno
e balzai, folle di desii fugaci,
incontro al riso d’ogni bell’inganno:

gli risi coi notturni occhi: — Mi piaci!

Conosce ora il fascino degli occhi ignoti, che abbagliano con un vorace sguardo, conosce la gioia di mutare il vecchio laccio corroso con un nuovo laccio di fiori, e gli sguardi che son “come mani d’amanti, indugianti ignude entro un tesoro di feminee chiome” e il silenzio adescante dei parchi solitarii e la tentazione delle gemme esposte nelle vetrine abbarbaglianti. Conosce la mano virile “lenta in ogni suo gesto, ma febbrile nella carezza quasi da far male” e l’ebrietà dei profumi e la mollezza dei frutti rari e la frenesia del lusso e la soavità delle morbide stoffe iridate:

So l’ombra delle piume in cui la faccia
s’imbianca d’un languor di passione
in cui la bocca bella, benché taccia,

parla parole di seduzione.

Sente il calore soffocato delle voci che chiamano dall’ombra, l’oscura nostalgia delle sere cittadine, il