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64 | le ore inutili |
convalescente di una grave ferita e pregava la moglie di venire a visitarlo nell’ospedale in cui lo avevano trasportato.
Flora lesse parecchie volte le poche linee prima di comprenderle, poi si accasciò su se stessa come un cencio, combattuta fra un dolore e una gioia così strazianti da fermarle i battiti del cuore. Ma subito si sollevò risolutamente, pensò ch’egli soffriva, che la voleva presso di sè, e decise di andare.
Per tutto il giorno, durante i preparativi del viaggio ella evitò di fermare la sua mente su altra cosa che non fosse Attilio, la ferita di Attilio, il male di Attilio, e sulla felicità affannosa di rivederlo. Ma al momento di uscire di casa, ponendosi istintivamente dinanzi allo specchio per mettersi il cappello, la terribile realtà riapparve d’un tratto dinanzi ai suoi occhi. Una crisi di disperazione la prese, la scosse, le strappò lacrime, gemiti e grida, la lasciò quasi inebetita, in uno stato di accasciamento cupo ed inerte.
Sua madre che doveva accompagnarla approfittò di quella specie di atonia per completare il suo abbigliamento da viaggio, per avvolgerle il volto in un velo fittissimo, per trascinarla alla stazione e collocarsi con lei nel treno appena in tempo per partire.