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quella sua luce torbida d’inquietudine che gli anni avevano fatta più intensa e più fosca.

Quando si trovava sola con sè stessa ella pareva torturarsi nell’attesa dubbiosa di qualche avvenimento, che mutasse la sua vita, che la lanciasse per vie sconosciute, che vestisse di realtà una sua inconfessata speranza. E vibrava tutta come vibra lo stelo della pianta acquatica, scossa da una corrente profonda.

Spesso Riccardo la canzonava affettuosamente per la sua sensibilità eccessiva che la faceva sobbalzare sconvolta e pallida a ogni suono improvviso e a ogni gesto inaspettato ed ella tentava di sorriderne con lui, spianava per un momento la ruga meditativa della sua fronte lanciando una risatina squillante che non oltrepassava il chiuso nodo della sua gola, ma dietro le spalle del marito gli gettava uno dei suoi sguardi obliqui dove si raccoglieva una silenziosa commiserazione, un’ironica pietà. E allorchè egli con un ultimo bacio tenero e un ultimo saluto leggiero usciva diretto al suo studio d’avvocato, Nora si chiudeva nella sua stanza, si vestiva con cura minuziosa, dava in anticamera alcuni ordini alla cameriera, quindi scendeva cauta, quasi furtiva le lunghe scale, cercando d’attutire nel passo premuto sulla