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L'intrusa 139

Meno padrona di sè della vicina, si abbandonava ora alla propria disperazione celandosi nell’ombra che riempiva gli angoli dello scompartimento e lasciava sfuggire qualche gemito dal petto oppresso e pieno di singulti.

La matura signora rimase qualche tempo ad ascoltare immobile quel pianto, più infastidita che commossa, quindi ritenne suo dovere, dovere di semplice umanità, di tentare una vaga parola di conforto.

— Signora, non si disperi così, — disse con la sua voce che era dolcissima e piena di inflessioni calde, come dev’essere la voce educata di una dama, — quel pianto le farà certo più male.

— È impossibile, — gemette l’altra senza sollevare il volto che teneva chiuso nelle palme e nascosto incontro allo schienale. — Quello ch’io soffro è così orribile! Mi sembra di morire, di morire anch’io con lui. E non mi resta altro da desiderare.

— Se il dolore di un’altra donna può confortarla, pensi che la mia angoscia è forse più grande della sua, sebbene certo diversa, — mormorò la signora attempata chiudendo gli occhi e sospirando profondamente; ma la sua compagna si strinse nelle spalle e crollò il capo in un disperato diniego.