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138 | le ore inutili |
zione sperduta e cadeva intanto a poco a poco la sera violacea sui campi.
Presso ad ogni fermata ciascuna delle viaggiatrici gettava sull’altra un rapido sguardo d’indagine e pensava:
— Ora essa scenderà. Ora io rimarrò sola col mio dolore senza che codesta importuna compagna mi osservi e mi commenti. Ora io potrò finalmente piangere, gettarmi sul divano e singhiozzare e gemere e non più comprimere dentro di me questo male che mi torce il cuore.
Ma il treno dopo una breve sosta ripigliava la sua corsa e nessuna delle viaggiatrici scendeva.
S’addensò la sera violacea sui campi, vi cadde la notte nera punteggiata in alto da uno sfolgorìo di stelle e le due donne ignote gettate dalla loro sorte attraverso alle buie strade del mondo, andavano andavano senza tregua, sedute l’una di fronte all’altra, mute e ostili, portando ognuna nell’anima oscura il suo triste segreto.
Ora la più giovane s’era tolto il cappello troppo ampio, e con le chiome abbondanti pettinate semplicemente e disposte a treccia intorno al visetto stanco appariva meno goffa, quasi infantile pur nel suo precoce sfiorimento.