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L'intrusa 137


L’altra viaggiatrice poteva contare cinquant’anni ed era grigia di capelli, magra di volto e di persona, ma improntata nelle vesti, negli atti, nel portamento del capo e delle spalle a una grande distinzione, a una severa dignità.

Tutta in nero, pur senza crespi di lutto, con uno stretto cappello di velluto che le concedeva di adagiarsi senza impaccio nel suo angolo, ella aveva appoggiato il capo allo schienale e con gli occhi chiusi, il viso pallido e fine sotto il velo fitto, rimaneva immobile in un atteggiamento di inerte abbandono e insieme di rassegnata tristezza.

Le sue mani, nascoste in un grande manicotto di volpe nera, uscivan tratto tratto or l’una or l’altra con un movimento inconsciente ad accarezzare la copertina d’un volumetto ch’ella teneva sulle ginocchia e le sue dita nervose lo aprivano e lo richiudevano ripetutamente, mentre una ruga si incideva sulla sua fronte fra l’ali grige dei capelli ondulati, e il petto esile tra i risvolti dell’abito nero si sollevava, quasi a trattenere un’onda di angoscia irrompente.

Andavano così da più ore in quel treno semi-deserto attraverso alla campagna solitaria, fermandosi in brevi soste a qualche piccola sta-