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136 le ore inutili


Si riconoscevano entrambe rattristate da una comune e pure ignota angoscia, la quale era costretta a contenersi e a raffrenarsi per la presenza di quell’altra spettatrice e si irrigidiva ognuna nel proprio chiuso affanno, gettando tuttavia di quando in quando uno sguardo fra adirato ed ostile alla muta compagna che le sedeva di fronte.

Una delle viaggiatrici era giovane e bionda, ma alquanto pingue e vestita con una ingenua eleganza provinciale. Portava un mantello chiaro che ne disegnava senza grazia la persona esuberante e un cappello adorno di piume ad ala tesa il quale le impediva di appoggiarsi allo schienale, costringendola a rimanere rigida e impettita nella più incomoda delle posizioni.

Il viso che doveva aver brillato di singolare freschezza, era uno di quei volti a tratti piccoli ed irregolari i quali appassiscono rapidamente e sembrano chiudersi su se stessi come i fiori avvizziti, non appena la primissima giovinezza è passata.

Ella teneva quasi sempre il capo abbandonato sulla mano, nascondendo la faccia sotto l’ala del cappello e le dita che stringevano un piccolo fazzoletto orlato di trina si portavano di tanto in tanto furtivamente agli occhi quasi per tergervi un irrefrenabile pianto.