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128 | le ore inutili |
lunghi riposi e lunghi silenzi alla sua malinconia.
Vagamente, a frasi disordinate e monche, egli raccontò qualche cosa della propria vita alla nuova amica ancora sconosciuta, ed ella gli disse il suo nome, gli narrò d’essere vedova e d’aver varcato di parecchi anni la trentina, gli confessò d’annoiarsi rassegnata in quel villaggio di pescatori che un caso qualunque le aveva fatto scegliere per sua dimora.
Ella parlava con una voce bassa di tono ma armoniosa e dolce, interrompendo a mezzo le frasi più gravi con una delle sue risate piene di gaiezza che invitavano al sorriso il suo ascoltatore, lasciandogli intravedere una di quelle rare anime rimaste giovani fresche e sane, nonostante le avversità e gli urti della vita.
Anche il suo volto rispecchiava l’alacre giocondità dello spirito, tanto era chiaro, mobile, luminoso negli occhi e nei denti, quantunque non bello, di linee imperfette e quasi ancora infantili.
Dario Restani, il ferito, non ne poteva staccare lo sguardo e gli pareva che un poco di quella vitalità gioconda penetrasse in lui attraverso ai limpidi occhi azzurri della donna, come una calda ventata di profumi agresti penetra in un sottosuolo pieno d’ombre e d’acque stagnanti.