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116 | le ore inutili |
Glie lo raccontò la marchesina Oltano la prima volta che, per diritto di civilizzazione, com’ella dichiarava col suo spirito mordace, riuscì a farsi portare in barca sopra un bellissimo mare tutto argenteo d’ombre e di luci crepuscolari.
— Ma questo per un uomo è un’offesa, — rise Arturo remando, con la testa bruna buttata all’indietro e i capelli ondulati già confusi coi primi veli della sera imminente.
— Tutt’altro: è una lode, — ella rispose fissandolo immobile, coi suoi grandi occhi divoranti.
— Una lode piuttosto sarcastica, — commentò il giovane con serenità.
Ella non rispose più, ma continuò a fissarlo con le pupille dilatate e il suo volto si faceva sempre più pallido. A un tratto si ripiegò su se stessa e mormorò dissimulando l’orribile spasimo della contrazione nauseosa:
— Mi porti a riva.
Vi giunse col viso verdastro e le palpebre nere, ma saltò dalla barca sorridendo, con quella forza di volontà che è nelle donne nervose un estremo di superbia.
— Hai sofferto il mare? — le domandarono le amiche, attorniandola con sorrisi ambigui.
— Affatto, care. Per nulla! Sto benissimo!