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112 | le ore inutili |
definitiva con la quale ella lo pregava di lasciare in libertà la camera attigua alla sua, già fissata per lei all’albergo, poichè troppe preoccupazioni la trattenevano in città. Soggiungeva che Giorgio, il suo figliuolo primogenito, s’era acquistata una Limousine da viaggio con la quale compiva lunghe gite in compagnia dei suoi molti amici. La lettera si chiudeva con un saluto abbastanza espansivo e con la preghiera di scriverle spesso.
Arturo tormentava con le dita inquiete la lettera di sua madre, una lettera di donna elegante, di un color eliotropio pallido, foderata di violetto cupo e passeggiava su la sabbia fine e umida della spiaggia, ancora vestito di flanella bianca e calzato di sandali silenziosi. Non s’era rivestito per il pranzo, non era sceso alla table d’hôte, non voleva vedere nè sentire nessuno, tranne se stesso e la sua malinconia. Egli comprendeva bene quale preoccupazione tratteneva sua madre in città. Giorgio, la passione e la tristezza di tutta la sua vita, la legava come sempre alla sfrenata bizzarria del suo capriccio. Ella non voleva ora lasciarlo solo nella città insidiosa, fra le avventurose compagnie, e s’illudeva di esercitare ancora su quel figliuolo prodigo e malaticcio un poco del suo tenero dominio materno.