Pagina:Guglielminetti - Le ore inutili, Milano, Treves, 1919.djvu/104

96 le ore inutili

urli di gioia. Egli possedeva per unico scopo, per unica meta, per unica gioia della vita il suo bel “soprappiù„ che lo sottraeva a tutti i pericoli: alla coscienza di sentirsi un uomo come gli altri, alla speranza di amare e d’essere amato come gli altri, alla possibilità di morire di una bella morte come gli altri.

Che cosa gli rimaneva?

Il treno militare si mosse fra un tumulto di grida irrefrenabili e s’avanzò fumando verso di lui, sotto l’arco del ponte sul quale egli sostava. Era salito sul parapetto a muro perchè la sua piccola statura gli impediva di vedere e si sentiva pigiato intorno dalla folla curiosa che si sporgeva per guardare in basso.

Un omone sgarbato lo spinse con tale violenza ch’egli si sentì scivolare verso il vuoto ed allora pensò ch’era cosa facile lasciarsi cadere laggiù proprio nel momento in cui il treno militare passasse.

I due occhi di fuoco s’avanzavano lentamente fra le grida frenetiche dei soldati affacciati agli sportelli e quando la colonna di fumo nero e denso sollevandosi fu quasi per investirlo, il gobbetto si diede un piccolo slancio e cadde sui binari un momento prima che il treno vi giungesse.