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dèdalo, padre d’ìcaro


Da allora quell’uomo che aveva gustato a misuratissimi sorsi la gioia d’esistere per farla durare più a lungo, dovette assistere di lontano alla folle prodigalità, alla semi incoscienza con cui suo figlio si esponeva ogni giorno a perdere quel prezioso dono che è la vita.

Dopo alcuni mesi incominciarono a giungergli giornali e riviste che portavano l’effigie del giovane aviatore Aldo Viani e lodavano la sua abilità di pilota arditissimo, sprezzante d’ogni pericolo. Non si svolse importante gara aviatoria alla quale egli non partecipasse, ottenendovi quasi sempre i migliori premi. E furono quelli i giorni in cui il notaio Costanzo Viani, perdette la sua pacata serenità d’uomo all’antica e visse ore d’atroce inquietudine. Tuttavia continuò a condurre in apparenza la sua metodica vita di buon borghese e di pacifico professionista, con le consuete ore di lavoro, le solite passeggiate, le quotidiane soste al caffè, nel gruppo dei vecchi amici.

Uno di questi, il sottoprefetto, che aveva fama d’uomo di spirito e di coltura, lo apostrofò una sera giocondamente chiamandolo Dèdalo, padre d’Ìcaro, e lodandogli con ampie frasi il magnifico coraggio di suo figlio che s’abbandonava in quei giorni con un nuovo apparecchio ai più vertiginosi giri della morte.

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