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amalia guglielminetti

mana seppe che una signora i cui connotati corrispondevano a quelli della contessa Lucentani s’era imbarcata il giorno innanzi a Brindisi diretta verso l’oriente in compagnia del signor Eugenio Leonardi, un giovane ventenne appartenente ad ottima e doviziosa famiglia.

— Ecco il candido agnellino che tu mi hai dato in moglie — sogghignò dopo queste notizie il marito tradito rivolgendosi allo zio, il quale s’era chiuso da una settimana in un ostinato mutismo. — Incapace di darmi un figlio, è anche una... Veramente la gemma di tutte le perfezioni, come tu la definisti.

E continuò a sogghignare scimmiescamente beffardo ed a pungere di aspri motteggi il vecchio conte Ciro ogni qual volta gli si porgeva il destro di ricordare e di nominare la moglie infedele.

Ma non era ancora trascorso un anno dalla sua fuga, quando il legale di casa Lucentani si presentò un giorno al conte Ciro chiedendogli con urgenza un colloquio e gli pose sott’occhio un telegramma giuntogli allora dal Cairo.

Il telegramma era di sua nipote Dora e diceva:

«Pregovi avvertire mio marito e mio zio che ieri divenni felicemente madre di un bel maschietto. Sono felice. Perdonatemi».

Il conte Ciro meditò lungamente su quelle

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