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fedeltà

glie, si sentisse per mezzo del suo tradimento, in quella od in altre sere della sua vita, per la prima volta felice.

D’istinto, quasi attratto da una necessità di viglianza, egli s’avviava verso casa, riflettendo, e giunto a quell’ultima parte della sua meditazione, ossia al proposito di sventare a qualunque costo la trama dell’insidiatore e dell’infedele, egli si fermò, colpito da un’improvvisa paura e ristette assorto, con le mani sprofondate nelle tasche, il capo basso, lo sguardo a terra.

Impedire il minacciato tradimento di sua moglie significava rimanere quella sera e le seguenti presso di lei, custode vigile, legale spauracchio di quella virtù vacillante, e rimanere quella sera presso di lei significava perdere per sempre la promessa amante, Fernanda Lucis.

Il dilemma era al tempo stesso comico e crudele, come ne crea spesso l’ironia beffarda del caso, e Silvio ne sogghignava ora con un’amarezza feroce che gli torcea la bocca e il cuore. Doveva rinunziare all’amore di Fernanda, oppure rinunziare alla fedeltà di sua moglie. Occorreva risolversi per l’una o per l’altra di queste rinunzie, prontamente, senza indugiare.

Cercò nelle sottigliezze più scaltre della propria intelligenza un mezzo qualsiasi, semplice o complicato, onesto o disonesto, ma pratico e

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