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fedeltà


— Me ne dispiace, ma la signora può prendere e licenziare chi vuole. Ciò non mi riguarda.

— Sì, signor conte, — insistette la giovane con un mezzo sogghigno. — Ciò la riguarderà quando saprà perchè sua moglie mi scaccia così su due piedi come una ladra. Mi manda via perchè ho trovato e ho letto una lettera. Capisce? La lettera di un amante che le dà un appuntamento per questa sera. La contessa l’aveva dimenticata sotto il guanciale, aperta, e per caso io vi ho gettati gli occhi proprio nel momento in cui rientrava nella stanza per venire a cercarla. Mi ha fatto una scena spaventosa e per paura che io parlassi con lei mi ha pagato due mesi di salario e mi ha scacciata subito.

— Che cosa diceva quella lettera? — domandò Silvio Altoviti con la faccia alterata da una collera sorda, a mala pena trattenuta.

— La sola memoria. Diceva così: «Poichè vostro marito vi lascia libera questa sera, fingete, come abbiamo convenuto, di recarvi al teatro, e venite da me. Vi attenderò alle nove, impaziente come un uomo che sarà per la prima volta felice».

— Ed era firmata?

— Con un nome solo: Marco.

— Sta bene — concluse il padrone, reciso, mettendole in mano come congedo definitivo alcuni biglietti che trasse distrattamente dal portafogli. — Andatevene pure.

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